Ma come fanno a prepararsi a mirare al mio viso e alle mie mani, a lanciarmi delle pietre ? Perché ? Sono Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Dite a tutto il mondo che ho paura di morire. Dalla prigione di Tabriz ringrazio quelli che pensano a me ". Sono le ultime parole credibili con le quali la donna iraniana di 43 anni, madre di due figli, chiede aiuto. Condannata per adulterio e per complicità nell'omicidio del marito, dopo quelle frasi uscite tramite un'organizzazione umanitaria dal carcere, Sakineh è stata costretta a una finta confessione in tv e il suo avvocato, Mohammed Mostafei, è dovuto fuggire in Norvegia.
Ma da quando Mostafei ha fatto conoscere al mondo la vicenda di Sakineh, si sono moltiplicati gli appelli e le richieste anche ufficiali al governo di Teheran perché la donna non venga uccisa. L'ultima iniziativa, che da oggi si può firmare su Repubblica. it, è una lettera di intellettuali francesi che chiedono a Teheran di " mettere fine a questo genere di metodi come a questo castigo iniquo e barbaro ", invocando anche " il rispetto della dignità e della libertà di tutte le iraniane oppresse o minacciate ". Fra i firmatari, il sociologo Edgar Morin, gli storici Elisabeth Roudinesco e Max Gallo, lo scrittore Marek Halter, i filosofi Daniel Schiffer e Michel Serres. A seguito della mobilitazione internazionale delle ultime settimane contro la sua esecuzione della, l'Ambasciata iraniana a Londra ha rilasciato una dichiarazione l' 8 luglio 2010, affermando che la condanna di Sakineh Mohammadi Ashtiani non sarebbe stata eseguita tramite lapidazione. Tuttavia, la sua posizione legale non è chiara, dal momento che il suo avvocato non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sulla commutazione della sua condanna a morte.
Durante il processo, Sakineh Mohammadi Ashtiani ha ritrattato una " confessione " rilasciata sotto minaccia durante l'interrogatorio e ha negato l'accusa di adulterio. Due dei cinque giudici hanno ritenuto la donna non colpevole, facendo presente che era già stata sottoposta a fustigazione e aggiungendo di non aver trovato le necessarie prove di adulterio a suo carico. Tuttavia, i restanti tre giudici, tra cui il presidente del tribunale, l'hanno ritenuta colpevole sulla base della " conoscenza del giudice ", una disposizione della legge iraniana che consente ai giudici di esprimere il loro giudizio soggettivo e verosimilmente arbitrario di colpevolezza anche in assenza di prove certe e decisive. Giudicata colpevole dalla maggioranza dei cinque giudici, Sakineh Ashtiani Mohammadi è stata condannata alla lapidazione.
Come morirebbe Sakineh, condannata alla lapidazione, se la pressione dell' opinione pubblica internazionale non riuscisse a bloccare la mano ai suoi carnefici ( è attesa per oggi la sentenza sul riesame del caso )? Avvolta in un sudario bianco, verrebbe sepolta fino al petto e uccisa da parenti e astanti a colpi di pietre, le cui dimensioni dovrebbero essere tali da non consentirle una morte troppo rapida. Di media grandezza, le pietre dovrebbero garantire la durata media dell'esecuzione: circa trenta minuti. Che l'orrore senza pari suscitato da questa esecuzione sia dovuto alla sua barbarie è ovvio: ma forse ad accrescerlo gioca anche un'altra considerazione, che come spesso accade è legata alla storia. La lapidazione non è mai entrata a far parte della nostra cultura giuridica. Nel mondo classico, nel quale affondano le radici del nostro diritto, « il chitone di pietre » ( come lo chiama Ettore, nell'Iliade ) era una forma di giustizia popolare al di fuori di ogni controllo istituzionale, che non fu accolto nel « giardino deisupplizi » né greco né romano. La morte con la pietra era un'esplosione di rabbia popolare, veniva inflitta da gruppi spontanei, senza accertamenti preliminari della colpevolezza. Non era un'istituzione giuridica: a « fare giustizia » non erano dei terzi estranei. La partecipazione delle parti offese all'esecuzione era in insanabile contrasto con l'esigenza dello Stato nascente di superare la fase della vendetta e di entrare in quella del diritto. Anche per questo il pensiero della lapidazione ci colpisce in modo particolare. Perché ci rimanda a una preistoria del diritto che ci illudevamo di aver per sempre superato. Secondo il comitato internazionale contro la lapidazione dal 1979 sono state effettuate 150 lapidazioni.